Recentemente è comparso questo video musicale che si prende gioco del mondo della post produzione fotografica, un po’ come aveva fatto la campagna Real beauty lanciata da Dove qualche anno fa.

Dal momento che aleggia un’aura di misticismo riguardo alla potenza di photoshop è bene fare un po’ di chiarezza su dove sia il limite fra realtà e finzione.
Per farlo vi porto una testimonianza raccolta sul campo.

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Salve a tutti, sono Helder e da un po’ di anni gironzolo nel terziario avanzato.
Mi occupo di web e comunicazione, dentro a questi ambiti ho fatto un po’ di tutto, e nella prima fase della mia carriera ero molto focalizzato sul fotoritocco.
L’aspetto interessante di aver affrontato vari ambiti è quello di aver acquisito una visione sistemica: ovvero non mi limito a guardare le cose dalla prospettiva di una singola attività ma tendo ad ossevare le cose dal loro insieme. Il marketing struttura determinate cose, l’advertising concretizza alcune di queste con vari strumenti: siti web, spot, immagini, ecc..

Vi starete chiedendo perché questa introduzione così corposa?
Non si tratta di auto promozione, serve a far capire ai telespettatori a casa la complessità della questione che, di primo acchito, sembra una questione semplicemente tecnico-informatica, ovvero l’esser più o meno bravi a pasticciare con photoshop.

Innanzi tutto esiste una catena decisionale di vari step prima che si arrivi a produrre l’immagine che vediamo sui giornali/calendari/quant’altro, di norma abbiamo:

  • azienda che commissiona una pubblicità
  • agenzia che prende in consegna il lavoro
  • all’interno dell’agenzia abbiamo un account che parla con il cliente e riferisce all’art director
  • l’art director sovraintende il lavoro dei grafici che materialmente sono davanti a photoshop

Quindi il look finale dell’immagine che ci sarà arrivata dal fotografo è:

  • decisa dall’art
  • elaborata dal grafico
  • venduta al cliente dall’account

Quindi, in sostanza, l’immagine è come se fosse decisa dal cliente.
La domanda è: cosa vuole il cliente?

Risposta: 99 su 100 quello che ha già fatto il suo diretto concorrente.
Ci troviamo quindi in una situazione in cui l’esistente, inteso come l’insieme delle immagini del genere che circolano in rete e nei media, è la base di quello che vuole il cliente.
Quindi ogni anno che passa, sposta l’asticella delle richieste verso l’alto.

Tutto questo ha portato all’iperbole data dalle dinamiche dell’advertising: negli anni 80 per avere la foto del brodo star così rigogliosamente dorato veniva allungato con della camomilla.
Sin dagli albori ci sono sempre stati vari trucchi – e probabilmente lo facevano anche nell’antichità: non possiamo sapere quanto bello fosse effettivamente il Re Sole – photoshop è solo l’ultimo step di questa evoluzione.

Photoshop è diventato esponenzialmente più potente ad ogni realease, abbassando la soglia di difficoltà nell’eseguire le operazioni, contemporaneamente diventando uno strumento sempre più veloce. In pratica: quello che una volta si faceva a fatica in 100 passaggi, oggi si fa in 3 minuti.
Siamo quindi in una situazione dove la quantità di ritocco è passata da “togliamo qualche imperfezione della pelle che il makeup non ha coperto” a “ri-areografare tutto da zero perché tanto si fa prima ed è quello che vuole il cliente”

Di conseguenza, da un punto di vista strettamente fotografico, si è passati dalla fotografia al digital imaging (l’illustrazione in digitale) arrivando ad una vera e propria distorsione della percezione collettiva.
Per esempio, un fattore per cui le modelle sulle foto sono così magre è dato dal fatto che l’atto di scontornare le immagini – ovvero l’isolare una figura per poterla elaborare singolarmente – implica un margine strettissimo di errore: in sostanza il nostro photoshoppatore di turno dovrà tagliare perfettamente a filo e un singolo pixel in più potrebbe costargli il licenziamento in tronco.

Quindi cosa succede? piuttosto di un pixel in più se ne fa uno in meno.
Cosa significa un pixel in meno? significa che un braccio, una gamba o una vita risultano molto più magre.
È una questione di sopravvivenza: il photoshoppatore salva il suo posto di lavoro, la modella dentro la foto perde ulteriori kili  e Karl Lagerfeld è contento -tutti a posto, tutti salvi, tutti contenti.

L’odierno minimo sindacale di fotoritocco è una quantità tale di ritocchi che ormai la distanza tra lo scatto originale e l’immagine che finisce in stampa è semplicemente un abisso.
Originariamente per fotoritocco si intendeva una resa migliore di colori e mezzitoni e in più qualche risistemata al brufolo che poteva essere sfuggito al truccatore; ora si dà per assunto di poter rifare completamente ogni singola parte dell’immagine, in sostanza la rincorsa ad una ipotetica perfezione ha prodotto una serie di incidenti di percorso che potete vedere qui: www.psdisasters.com

Nella mia esperienza di fotritoccatore ho avuto occasione di collaborare con uno studio di Milano che aveva clienti molto grossi, quindi la tipica fucina di calendari blasonati per le riviste di maggior diffusione.
Ricordo la prima frase che avevo detto appena mi era stata sottoposta una foto da ritoccare:

Domanda: “Capo, sono l’ultimo arrivato ed è giusto che io passi il battesimo del fuoco con la missione più difficile, ma dimmi la verità: questa tizia è presa con le bombe, me l’hai peggiorata apposta, non può essere nome_rinomata_starlette
Risposta: “no, quello è lo scatto che è uscito dalla macchina fotografica”
Domanda: “Ok, dal momento che è la prima volta che gioco così duro, quali sono le regole? a che limite devo attenermi? ci sono cose che è bene che non faccia?”
Riposta:“Fai quello che vuoi, non ci sono limiti”

In ordine sparso ho: risistemato il colore degli occhi, ricolorato i capelli schiarendoli e aggiungendo colpi di luce, tolto occhiaie da persona che ha studiato per 45 notti di seguito (anche se dubito stesse facendo un dottorato in fisica quantistica), abbronzato la pelle del decolté, risistemato il makeup, modificato la forma del viso, rimesso a posto le labbra, ricreato artificialmente lo sguardo del soggetto (che in quelle condizioni poteva sedurre sì e no un totano sotto sedativi).

Vi elenco alcune semplici tecniche da provare a casa:

Occhi, sbiancare la sclera

  • selezionate la sclera e applicate un layer effect bianco e nero
  • impostate il layer effect bianco e nero su infrarossi

Occhi, colorare l’iride

  • selezionate la sclera e applicate un layer effect bianco e nero
  • impostate il layer effect bianco e nero sulla modalità che generi maggior dettaglio della tramatura
  • create un layer vuoto in modalità color e aerografate il colore di occhi che più vi aggrada
  • sistemate di fino l’opacità del livello
  • aggiungete un livello curve a maschera nera
  • tirate su le curve
  • usate l’aerografo per dipingere la maschera e date in punti a piacere un tocco di luminosità

Sistemare la pelle

Il metodo più classico è replicare il layer di background, sfuocarlo e metterlo in modalità hard light, softlight, screen.
Alternativamente Adobe ha studiato un blur (sfuocamento) per lisciare la pelle, si chiama surface blur.
Questi metodi in linea di massima ottengono un risultato che può piacere e non piacere, a me personalmente risulta molto tamarro ma è una questione di gusto personale. I pro di norma aerografano direttamente punti luce e ombre a mano.

Deformazioni

  • Data una selezione con il lazzo, supponiamo di aver scontornato un viso, è possibile trasformare quel pezzo di immagine come se fosse di pongo.
  • selezione -> ctrl + t -> tasto destro -> warp
  • tirate i punti a piacere

Con un uso compunto di questo strumento e procedendo per step, possiamo modificare in toto la forma di un viso.
Di norma in questi casi si opta per isolare ogni singolo elemento del viso (bocca, occhio destro, occhio sinistro, naso) in modo tale da poterli riposizionare e amalgamare di fino e avere il controllo completo sull’immagine.
Inutile dire che con questo sistema possiamo ridefinire braccia, gambe, seno, vita come vogliamo.

In rete potete trovare su youtube i Photoshop Extreme Makeover, ovvero delle riprese di sessioni di fotoritocco che fanno vedere il dietro alle quinte completo.
Ve ne porto alcuni esempi, vi posso garantire che sono reali

qui trovate qualche tutorial di approfondimento

http://www.youtube.com/watch?v=2-amm_sN5Bc

In pratica tutte queste ore uomo hanno creato un bias cognitivo collettivo riguardo al concetto di estetica, qui ci sono un po’ di immagini esplicative del livello che viene applicato in media ai vip.
http://www.smosh.com/smosh-pit/photos/12-celebs-and-after-photoshop-gifs

Qui trovate la campagna Dove che ha disaminato le conseguenze di questa distorsione
http://www.conseafashionretail.com/project/dove

Non sta a me esprimere un giudizio di tipo morale su queste cose dal momento che come (ex)fotoritoccatore do praticamente per assunto che non crediate alle cazzate che escono dal mio photoshop, per me – e tutti gli altri appartenenti a questa industry – si tratta solo di un file che va modificato affinché risponda a determinate caratteristiche: per noi non c’è differenza tra lustrare un mobile oppure una velina, sono solo file che servono a vendere prodotti. Tutto qui.

Gli editori e le aziende sono ossessionate in maniera inverosimile dal commissionare modifiche su modifiche, danno per assunto che con le tecnologie attuali si può fare tutto in qualsiasi momento (a scapito del sonno dei fotoritoccatori che sono le ultime ruote del carro).
Spesso il tutto è in linea con un gusto estetico discutibile che va a bruciare il lavoro del fotografo (o a inventarlo ex novo nel caso di fotografi diversamente bravi) ma, signori miei, that’s the name of the game.

http://www.linkedin.com/in/heldermonaco

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